Proviamo a capire le “Grandi dimissioni”: un’analisi del fenomeno e uno sguardo ai numeri in Italia. Cosa sta spingendo sempre più persone a lasciare il proprio lavoro? Al contrario di quello che molti potrebbero pensare, non è solo una questione di soldi. Molteplici fattori, relativi sia all’offerta sia alla domanda, ci possono aiutare a comprendere oggi il fenomeno. Ma c’è un modo per prevenirlo? Come ci vengono in aiuto le nuove tecnologie? Ricerche e dati a confronto per cercare di interpretare uno dei trend post pandemia che più ha coinvolto – e interessa – aziende e lavoratori.

Da diversi mesi ormai il termine “Grandi dimissioni” viene usato per indicare il fenomeno di licenziamenti di massa che, dallo scoppio della pandemia ad oggi, ha profondamente influenzato il mercato del lavoro, sia per quanto riguarda la domanda che l’offerta. 
Ma dove affonda le radici questo stato d’animo che sta spingendo tantissimi lavoratori a lasciare il proprio impiego, in vista di possibili e nuove opportunità da esplorare? Al contrario di quello che molti potrebbero pensare, non è solo una questione di soldi. Le persone non stravolgono la propria vita lavorativa solo per avere un ritorno economico maggiore. E le aziende, di questo, devono iniziare ad essere più consapevoli. 

 

Alle origini del fenomeno: come la pandemia ha cambiato tutto 

Le ricerche fatte fino ad oggi sembrano tutte convergere verso un unico punto: la pandemia ha cambiato tutto, persino il punto di vista e le aspettative dei lavoratori. 
Con l’aumento del carico di lavoro e la difficoltà di trovare il perfetto equilibrio tra vita privata e professionale durante i vari lockdown, molti professionisti hanno iniziato a ritenere insostenibile il proprio stile di vita. 
Burnout e voglia di cambiamento hanno spinto molti a un taglio netto con il passato. Questo ha scatenato principalmente le cd. “Grandi dimissioni”, con numeri che - secondo le ricerche - sono destinati a crescere sempre di più. I sondaggi suggeriscono che milioni di persone in tutto il mondo stanno pensando di lasciare il proprio lavoro.

 

Grandi dimissioni: i numeri in Italia

Il fenomeno riguarda i Paesi di tutto il mondo, Italia compresa. Secondo i dati del Ministero del Lavoro, elaborati in collaborazione con la Banca d’Italia e l’ANPAL, da luglio 2020 l'aumento delle dimissioni ha sospinto il numero delle cessazioni.

Nonostante la crisi, i tassi di licenziamento non si sono discostati tanto dei livelli precedenti la pandemia. Quelle che sono aumentate, invece, sono le dimissioni volontarie. Da quello che è emerso dal report, nel corso del 2021 le dimissioni sono gradualmente aumentate superando, nella seconda metà dell’anno, i livelli registrati nel 2020. I numeri relativi all’occupazione nel secondo trimestre 2021 evidenziano un aumento considerevole di lavoratori che si sono dimessi: +37% rispetto al trimestre precedente e addirittura +85% se paragonati allo stesso periodo nel 2020.
Molteplici fattori, relativi sia all’offerta sia alla domanda di lavoro, potrebbero spiegare tale incremento.
Da una parte i lavoratori dipendenti potrebbero essere meno disponibili a lavorare alle condizioni imposte. Dall’altra è possibile che, grazie alla ripresa della domanda di lavoro, un numero crescente di persone occupate lasci la propria occupazione stabile per un’altra che offra prospettive migliori.


Perché le “Grandi dimissioni” si traducono in un danno per le aziende

Ogni lavoratore che lascia il proprio impiego si traduce in un costo per l’azienda. Serviranno infatti risorse, tempo ed energie (e quindi denaro) per trovare un valido sostituto. 
Basti pensare che, secondo uno studio pubblicato sulla rivista "Organization Science", il costo stimato di un dipendente perso che guadagna 8 dollari l'ora (poco più di sette euro) si traduce in perdite per l’azienda che vanno da 3.500 e 25.000 dollari (ovvero da 3.000 a 20.000 euro per ogni risorsa persa). Questi costi includono le spese di assunzione, il lavoro di formazione, il lavoro non portato a termine in attesa della sostituzione e la minore produttività.  
Un turnover elevato spinge infatti i talenti ad allontanarsi e, quindi, può compromettere la produttività di quelli che restano, oppure aumentare i livelli di stress di chi - in una fase di emergenza - si ritroverà a fare del lavoro in più per sopperire alle mancanze temporanee. 
Insomma, elevati tassi di rotazione possono influenzare negativamente un'azienda e i suoi dipendenti in molti modi. Per esempio, con la costante necessità di assumere e formare nuovi dipendenti, è facile deviare dalla vera missione e visione dell'organizzazione.  

 

Come e perché è importante trattenere i talenti 

Come già accennato sopra, non è solo una questione di soldi. La pandemia ha cambiato le carte in tavola e, dopo un periodo di forte stress, il benessere è tornato ad essere una priorità per i lavoratori. 

I dipendenti preferiscono realtà con una buona cultura aziendale, in grado di investire nei talenti, premiandoli e riconoscendo loro più libertà nella gestione degli impegni. Dopo mesi di duro lavoro per far andare avanti le loro organizzazioni in tempi turbolenti, l'impulso di cercare mari più calmi (o più gratificanti) è forte.
La parola d’ordine, quindi, è diventata “flessibilità”. Lo smart working, per esempio, non è oggi solo una pratica diffusa, ma viene sempre più apprezzato dai dipendenti, se hanno la possibilità di scegliere. 
Il nuovo approccio al lavoro si concentra sui risultati, sul raggiungimento degli obiettivi e sul completamento delle attività in tempo, indipendentemente dal fatto che tutto venga svolto in ufficio.


Come ci vengono in aiuto le nuove tecnologie 

Esiste un numero sufficiente di ricerche sull'efficacia dei programmi di adattamento del lavoro a distanza. E i risultati sono sempre coerenti tra loro, ovvero: le aziende che implementano accordi di lavoro a distanza flessibili vedono poi aumentare la produttività, attirano maggiori talenti e contano dipendenti sempre più soddisfatti. In molti casi il numero di permessi o giorni di malattia è drasticamente diminuito grazie allo smart working, in altri i lavoratori hanno apprezzato così tanto la flessibilità assicurata che non hanno mai pensato di lasciare l’azienda. 
Un programma di lavoro a distanza efficace e flessibile deve soddisfare le esigenze dell'azienda e del singolo. In questo senso, è necessario: 

valutare ciascuna delle posizioni e determinare se la presenza fisica di un dipendente è richiesta a tempo pieno, part-time o non è necessaria; 
decidere quali programmi di lavoro a distanza potrebbero essere valide opzioni;
valutare i diversi strumenti di comunicazione e collaborazione, come Skype e GoToMeeting, e scegliere quale di questi meglio si armonizza con l’organizzazione aziendale; 
avere un programma chiaro e preciso sulle attività da svolgere e i tempi di consegna/risposta. 

Il passo successivo è la formazione del personale, nonché la configurazione e la sicurezza dell'home office. 
Riconosciamo tutti che gli ultimi progressi tecnologici hanno sconvolto molti settori, ma stiamo cercando ancora di prendere confidenza su come questi stiano cambiando drasticamente il modo e il luogo in cui lavoriamo, nonché il modo in cui le aziende gestiscono il personale.
Tutti i datori devono adattarsi a modalità di lavoro flessibili per trovare e mantenere i talenti e adattarsi alla gestione delle persone senza frontiere. Le nuove generazioni di dipendenti si aspettano questo: grazie alle nuove tecnologie, il lavoro giusto con la persona giusta può essere svolto da qualsiasi parte del mondo.